I social stanno seguendo un po’ lo stesso destino che
seguono (o hanno seguito) i politici: li si accusa di essere la causa di tutti
i mali.
Effettivamente, ormai, sono i social lo strumento con cui si
fa (anche) politica, e dunque è normale che si siano sostituiti ai politici come
“capro espiatorio” di tutti i mali.
Fermo restando, però, che una cosa resta vera: così come per
i politici, i social non sono un’entità astratta, un organismo extra-terreste
disceso da Marte.
I social siamo noi.
Quindi, se fanno vomitare, è perché facciamo vomitare noi.
Esattamente, in questo, come per i politici: se in 100 anni
di storia non siamo stati in grado di esprimere (salvo eccezioni che si contano
sulle dita di una mano) un politico decente, non possiamo che prendercela con
noi stessi: i politici italiani sono italiani, siamo noi, nel bene e nel male,
hanno – ingigantiti dalla posizione – i nostri vizi e i nostri difetti.
“In occasione di sciagure disperanti come il crollo del
ponte di Genova, i social danno il peggio di sé”. Sento dire questo, da più
parti. E dicendo così, ci laviamo le mani da ogni responsabilità. Quasi che “i
social” fossero dei mostri che si muovono autonomamente, decidendo
deliberatamente di dare il peggio di sé. E’ colpa dei social, mica nostra!
Peccato che i social siamo noi.
Se, in occasioni come questa, la principale reazione dei
social è lo sciacallaggio, è perché gli sciacalli siamo noi.
I social non hanno colpe.
Sono buoni o cattivi a seconda di come
li si usa. Anzi, togliamo la forma impersonale: i social sono come tutte le cose: buone o cattive a seconda
di come NOI le usiamo.
Ci sono anche cose positive che i social possono fare, in
occasioni come questa. Una che mi viene in mente è la funzione con cui chi si
trova nelle zone colpite dalla sciagura può, in un attimo, far sapere a tutti
che sta bene.
Questa è una funzione utile.
Se poi, come succede spesso, con un terremoto a Bologna
avverte di star bene un abitante di Milano… la colpa non è dei social… la
funzione valida c’è. L’errore lo commette chi la usa male.
Che i social facciano da amplificatore a qualunque imbecille
che parla è anche vero.
(Il fatto che io ci parli, come in questo momento, ne è testimonianza
diretta!!!)
I social sono un enorme, sconfinato bar di quartiere il
giorno dopo un evento importante. Ai Mondiali siamo tutti CT, alla morte di
Marchionne siamo tutti industriali e speculatori di borsa, alla caduta di un
ponte siamo tutti ingegneri, a un terremoto tutti sismologi.
Quello che un tempo restava – per fortuna – circoscritto nell’ambito
del bar, oggi viene rilanciato ed amplificato in ogni direzione dai social.
Ma anche qui… la colpa non è mica dei social.
Se io condivido e rilancio qualunque stronzata, senza
preoccuparmi della sua fondatezza, e se io condivido e do risalto a qualunque
orrore, convinto di stigmatizzarlo ed in realtà aiutandolo a diffondersi, la
colpa – ancora - non è mica dei social! La colpa è mia, solo mia. E non ho
alibi.
Poi ci sono gli sciacalli veri. Quelli che pur di tifare non
si fermano davanti a niente. Quelli che siccome ormai la politica si fa sui
social (e anche i politici la fanno così), e siccome la politica è tifo, da
bravi tifosi non si fermano davanti a niente, neanche davanti ai morti.
E giù a chi la spara più grossa su quali siano le colpe.
Ovviamente, sia chiaro, senza sapere un beneamato cazzo di NIENTE rispetto a
come stanno le cose. Senza sapere un cazzo di concessioni, senza sapere un
cazzo di ingegneria, si sparano fregnacce a 360 gradi, pur di colpire la
fazione opposta, così come fanno i tifosi.
Senza avere rispetto davanti a niente.
E i più vomitevoli di
tutti sono quelli che si appoggiano a personaggi autorevoli, che dicono cose in
determinati contesti, avendo quindi validità molto circoscritte, e le
rilanciano, decontestualizzandole, e soprattutto usandole col tono di dire: non
sono io che sono uno sciacallo, anzi, gli sciacalli mi fanno orrore, ma la
verità è questa.
Ancora una volta, la colpa non è dei social.
Gli sciacalli siamo noi. Gli ipocriti, vomitevoli sciacalli,
siamo noi, noi e i nostri contatti.
Una cosa, forse, si può imputare ai social. L’unica.
L’aver ridotto drammaticamente il campo d’azione della più
civile e sensata possibilità di reazione che abbiamo di fronte agli eventi: il
silenzio.
Sia davanti ai morti, sia indotto dall’ignoranza totale.
Il silenzio.
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